Diario di un curato di campagna

Journal d’un curé de campagne (1936) – Georges Bernanos / Francese

Alcune letture non sono mai semplici da affrontare, né tanto meno da apprezzare o criticare, prima di tutto per ciò che implicano, per la visione che tanto aspramente inculcano e per tutto ciò che di umano al loro interno contengono. In secondo caso a causa della loro rinomanza, dovuta a fattori esterni ma anche fonte di grande pregio (semi)oggettivo: ecco che con Bernanos ci addentriamo proprio in una simile tipologia di romanzi. In tutta la sua forte convinzione demistificatrice ‘Diario di un curato di campagna’ segna uno dei più importanti traguardi letterari mai raggiunti, se non stilisticamente sicuramente contenutisticamente parlando.

Un giovane ed inesperto prete viene mandato in un paesino francese subito dopo la presa degli ordini. Egli è fiducioso, ispirato, ma anche attento umanista, timido e soprattutto riservato. La sua nuova vita, in un primo momento facile, si rivela ben presto difficoltosa a causa della sua mentalità e delle azioni troppo idealiste e poco materiali, gettando il giovane in uno sconforto e in una crisi profonde. Essendo il suo diario l’unico mezzo di sfogo, l’unico modo per confidare le proprie incertezze ed i propri scontri sempre più frequenti con le persone del posto, egli si abbandonerà alla solitudine e, durante una visita in città ad un suo amico spretato, morirà di cancro poco dopo essersi confessato ed abbandonato alla Grazia nonchè alla finale illuminazione sullo scopo della sua vita.

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Se in passato già altre opere come ‘Il rosso e il nero’ o ‘I promessi sposi’ avevano gettato le basi ed un occhio di riguardo verso la condizione dell’ ecclesiastico e le conseguenze delle sue azioni nella vita, qui ci troviamo di fronte ad un vero e proprio studio psicologico, quasi una dissertazione scientifica, che poco e niente ha di superficiale o di semplicemente accennato. Molto di più perfino dell’approfondimento individuale delle figure presenti, è importante dunque la dimensione ideologica e appunto psicologica di queste ultime, ciò che rappresentano e ancor meglio che pensano. Il protagonista viene visto fin dal principio dell’opera non tanto come personaggio interagente, quanto più come individuo a tutto tondo, la cui sola dimensione personale ed emotiva risulta in fin dei conti come protagonista, e di conseguenza l’effetto che il mondo circostante ha su di lui. Ciò che realmente crea uno “spaccamento”, una netta scissione di comportamento nel giovane è la sua sempre maggiore presa di coscienza della realtà, l’accorgersi che essa non è assolutamente conformabile alle parole del Vangelo, e che quest’ultimo non può essere preso come riferimento di vita per un comportamento all’interno di una qualsiasi comunità. La materialità con la quale viene condotta la vita di tutti i giorni è per lui spaventosa, lo fa sprofondare in un abisso di incertezze, rendendolo di conseguenza malvisto dalle persone accanto a lui, molto similmente a quanto mostrato sempre da Bernanos nel suo precedente romanzo ‘Sotto il sole di Satana’Ma la conseguenza qui non è la pazzia, bensì una sorta di elevazione spirituale, quasi un progredire personale che rende il protagonista come un martire, una persona che scopre la propria reale dimensione nel mondo, riuscendo a comprenderlo del tutto.

Del resto bisogna dire che Bernanos, dall’alto del suo difficoltoso compito, non lascia mai spazio all’interno della narrazione a divagazioni o  qualsivoglia riferimenti ad una qualsiasi concezione materialistica o narrativa della storia, concentrandosi unicamente sulla crescita e sulla maturazione del protagonista e quindi della visione generale del romanzo stesso, che acquista forma grazie a quest’ultimo diventandone il metro di giudizio per l’intero contesto. D’altro canto il lessico è abbastanza basilare, senza ricami o abbellimenti, disegnato su misura come fosse il diario di un vero parroco quale è il giovane. Le descrizioni, come facilmente intuibile, sono rare; la narrazione è focalizzata sulle impressioni del protagonista, l’andatura è costante e abbastanza sciolta ma sicuramente difficile da seguire causa l’eccessiva pesantezza del tema trattato e della scarsità di argomenti presenti, e ciò rimane forse l’unico difetto dell’opera.

Un romanzo che perciò conferma l’indubbia ottima ispirazione dell’autore rendendolo un grandissimo letterato, forse come appena accennato troppo legato ad un’idea unicamente concettuale e filosofica della narrazione e troppo poco votato agli svolgimenti pratici. Una storia complessa, sulla sofferenza, sul peccato, ma anche sulla pietà e sulla redenzione, una lenta ed inesorabile discesa nei meandri perversi e imperfetti della natura umana. Un romanzo per riflettere e per conoscersi, un piccolo saggio filosofico che parte dal concetto di fede per sviscerarne infinite altre sfaccettature sull’uomo.

Voto: ★★★/★★★★★

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