L’éducation sentimentale (1869) – Gustave Flaubert / Francese
Nell’ottica di Gustave Flaubert, probabilmente, ‘L’educazione sentimentale’ è un capitolo centrale per la comprensione della propria poetica, senza’altro più ambizioso dei precedenti. Il topos sentimentale e l’analisi della figura femminile, pur sempre centrali nell’opera, non sono infatti gli unici interessi dell’autore, che si preoccupa in larga misura di intessere un dettagliato e tutt’altro che generico sfondo storico, esaltandone le sfumature socio-politiche. Ne deriva un quadro che, seppur non scevro da difetti (anzi), sottolinea l’ambizione di un uomo pienamente addentro i meccanismi e le dinamiche del proprio mondo. Che dire dunque del romanzo in questione, tra i più celebri del suo secolo nonchè cardinale nell’inquadratura del Naturalismo ottocentesco?
Frédéric Moreau è un giovane ambizioso che dalla campagna si trasferisce nel cuore parigino per penetrare nell’alta società una volta finiti i suoi studi. Tralasciando ogni tipo di impiego o aspirazione, la sua diventa una vita all’insegna dell’ozio, unico scopo quello di sedurre e conquistare Marie Arnoux, la moglie di un facoltoso borghese. Nonostante tutti i suoi sforzi, il suo sarà un amore platonico corrisposto ma mai accettato dalla donna. Non meno di Frédéric, i personaggi del romanzo si affannano così per sopravvivere nell’agiatezza sullo sfondo di una capitale nel caos più totale, in un quadro tra i più degradanti della borghesia parigina.
Riusciva, all’epoca, estremamente avanguardista trattare di sconfitti, di ‘inetti’, più di trent’anni prima del Novecento, quasi mezzo secolo prima che in Europa si diffondesse il decadentismo nonchè in anticipo persino sul lavoro pre-esistenzialista dei ‘poeti maledetti’. Perchè quello in causa è un romanzo decadentista, disilluso, che rappresenta – seppur in maniera sconclusionata e per certi versi grossolana – la crisi ottocentesca trattando di una generazione di giovani: crogiolati dall’idea di una ricchezza e di uno status sociale dovuti, a portata di mano, privi di maturità, inadatti insomma a costruire una società partendo dall’umiltà e dal lavoro. Flaubert da questo punto di vista struttura il romanzo come una corsa a due binari, dove da un lato osserviamo l’irrefrenabile passione amorosa del protagonista, dall’altro l’instabilità di due realtà, pre e post-monarchica – con i relativi tessuti sociali – sentenziando un finale amaro che è il capolinea di entrambe le linee nonchè probabilmente la nota più gradita.
Impossibile del resto non porre il parallelismo con ‘Madame Bovary’: Flaubert pensa a quella in causa come a una rivisitazione ampliata e perfezionata dell’appena citata opera (soprattutto in quanto a tematiche affrontate), cambiando il punto di vista da maschile a femminile e optando, laddove Emma riversava la propria frustrazione nella fornicazione, per un protagonista quasi impotente da questo punto di vista, impossibilitato a possedere il proprio oggetto del desiderio, ugualmente privo di valori: due loser a tutti gli effetti. Qui, in maggior misura, pesa purtroppo una riproduzione mai del tutto convincente dello sfondo storico, troppa superficialità nella costruzione dei personaggi e nei dialoghi, una narrazione poco sentita, poco accattivante, lineare e monocorde e una prosa che smentisce la matrice realista della penna francese. La prova vivente che anche in ambito artistico, alla volontà, all’efficacia degli sforzi, non corrisponde l’effettiva riuscita di un romanzo caricato in questo caso di troppe responsabilità.
Voto: ★★/★★★★★